L’intervista a Mille: “X-Factor è stata la mia palestra, ma adesso voglio raccontare me stessa”

Mille è il nuovo percorso solista della cantante dei Moseek: dalla scrittura in italiano all’esigenza di trovare una dimensione più personale con cui esprimersi.

Mille come i garibaldini. Garibaldini come Elisa Puccio. La cantautrice, romana di nascita ma milanese d’adozione, ha intrapreso una strada nuova e ha recentemente pubblicato il suo singolo d’esordio, “Animali”.

L’avevamo già conosciuta durante la felice esperienza di X-Factor 9, quando con i suoi Moseek arrivò alle semifinali del talent show musicale più cool d’Italia. Un risultato non scontato e ottenuto con un percorso notevole, che conquistò anche il cuore della grande Skin.

Ottenuto il successo, i Moseek hanno percorso l’Italia a suon di concerti, hanno fatto un minitour in Inghilterra e hanno calcato il palco dello Sziget Festival, a Budapest.

Ma quando si sono fermati, in Elisa è nata un’esigenza nuova: la scrittura in italiano, e la necessità di trovare un modo diverso dai Moseek per esprimerla. «Non era la prima volta che mi veniva dato questo input. Ma non l’avevo mai preso in considerazione, perché non ero mai stata io a darmelo.»

Ora, attraverso il suo primo singolo, Mille mira a comprendere maggiormente sé stessa, trovando il punto di connessione tra ciò che è e ciò che desidera.

Il titolo è “Animali“, perché questo siamo. Ci si annusa e ci si riconosce, a prescindere dal tempo e da quello che accade intorno, con l’augurio di ritrovare la meraviglia di un sentimento anche dopo una vita.

«Ho voluto che il videoclip fosse pubblicato in questo periodo in cui l’entusiasmo è fondamentale: i bar sono chiusi per adesso, pensiamo a questi luoghi con malinconia, ma riapriranno e torneremo alla vita di tutti i giorni, governata dall’eterna lotta tra istinto e ragione; siamo animali abituali.»

È proprio sulla scia di questa interpretazione che è stato strutturato il videoclip diAnimali” (potete guardarlo al link https://www.youtube.com/watch?v=pRNDasP3Xi8), ambientato in un bar che ha conservato intatta la bellezza del primo giorno in cui è stato aperto, negli anni Ottanta. Non è cambiato nulla, si sono solamente aggiunti gli anni, come è successo all’amore raccontato nella canzone.

Ho fatto due chiacchiere con Mille. Abbiamo parlato del suo percorso, del suo nuovo progetto, di quello che vive e di come vive. Tra tutte queste cose, Elisa mi ha anche regalato qualche espressione romanesca, che (speriamo) non la abbandonerà mai.

Come stai vivendo la quarantena? Sento che molti artisti fanno fatica a scrivere in questo periodo. Tu riesci a sfruttare il tempo a casa o ti è difficile essere ispirata?

Forse è abbastanza impopolare da dire, ma in realtà stare in casa fa parte della mia routine. È qui dove scrivo, principalmente. Esco poco, e lo faccio più che altro per andare in studio, a finalizzare le cose che faccio in casa. Per questo motivo, paradossalmente la quarantena è stata un proseguimento abbastanza naturale per me, e prima che iniziasse il turbinio legato alla promozione di “Animali” ho scritto diverse cose qui in casa.

È ovvio che l’impossibilità di vedere le persone a cui voglio bene può influire a livello umorale. Ci sono delle implicazioni sentimentali che ti portano un po’ a tenere la testa impegnata su quello.

Però ho continuato a scrivere, facendo molto affidamento sul bagaglio di cose che mi sono successe fino a poco tempo fa. L’ispirazione non mi ha abbandonato.

C’è anche da dire che faccio tanto lavoro su me stessa: se prima inseguivo le cose con foga, adesso riesco un po’ a riconnettermi con la calma, e con il bello della lentezza. Forse è questo che mi ha permesso di non scapoccia’ davero!

Prima riascoltavo “Animali” e mi ha colpito la parte in cui canti «oggi è domenica, un giorno uguale a un altro. Ormai siamo come animali, abituali ed ogni santo giorno no, non mi conosco».

Anche se è stata ovviamente scritta prima di questo periodo [la canzone è uscita il 31 gennaio 2020, ndr], sembra di entrare nella casa e nella testa di ognuno di noi. Si lega a quello di cui mi parlavi?

Sì, pensa che infatti mi hanno scritto diverse persone chiedendomi se l’avessi scritta ora!

La vicinanza del tema deriva proprio dal fatto che ho sempre vissuto un po’ quarantenata. Anche la solitudine è una dimensione che è quasi di conforto per me: non mi sono mai sentita sola, anche stando molto sola.

Le giornate sono tutte abbastanza uguali effettivamente. Trascorrono, aspettiamo l’appuntamento fisso col bollettino della Protezione Civile, ma viviamo confusi, il futuro ci spaventa e sentiamo l’esigenza di codificarlo, o quantomeno di prevederlo, per sentirci più al sicuro e provare a pensare il meno possibile a quello che succede là fuori, alle persone che muoiono, centinaia ogni giorno. Questo pensiero ci tiene sotto scacco a livello psicologico.

Ti conoscevamo già in tanti per il tuo percorso con i Moseek. Al di là della lingua in cui scrivi ora, come hai sentito l’esigenza di creare un progetto parallelo e diverso, anche dal punto di vista delle sonorità (almeno per il primo singolo che abbiamo sentito)?

Sono state le canzoni a tracciare un percorso nuovo.

Finito l’ultimo tour con i Moseek, ho vissuto una fase di decompressione e calma, necessaria per cominciare a riconnettermi con la fase embrionale della musica, quella della composizione.

Ho sempre pensato che fosse giusto e utile aggiungere cose, imparare e sperimentare! E una cosa che non avevo mai fatto era scrivere in italiano. Superata la paura iniziale, ho scritto diverse canzoni, che mi hanno presentato una nuova dimensione, una nuova realtà. Queste canzoni rispecchiavano completamente me, avevano la mia faccia e sarebbero state innaturali per i Moseek.

E poi non volevo proprio rinunciare alla dimensione giocosa ed estetica dei Moseek, in cui non avevo l’esigenza di raccontarmi in toto, ma di descrivere delle cose che fossero anche un po’ la media della nostra realtà di band, una realtà meravigliosa, ma in cui le individualità vanno un po’ a smussarsi per far sì che tutto si incastri perfettamente.

Quindi le canzoni hanno dettato legge, e anche Davide e Fabio [gli altri Moseek, ndr] hanno spinto perché intraprendessi questa nuova strada! Siamo tutti molto contenti, anche perché così si aggiungono cose… e stimoli!

Forse non ti è ancora capitato di doverci pensare, ma quando ti viene da scrivere i tuoi brani come fai a capire se farlo per Mille o per Moseek?

È un bel quesito, anche se in quel caso la lingua è determinante per capire a chi dei due è destinato il pezzo.

Poi c’è anche una terza variabile in gioco: io sono autrice anche per altri artisti. In questo momento non è la mia priorità, perché mi sto rendendo conto che non mi voglio separare da tutto quello che scrivo. La scrittura per Mille è una cosa nuova, e mi sembra che siano tutti figli miei, tutti pezzi del mio corpo, fondamentali per me stessa. Ma quella sarà una bella gatta da pelare, perché lì entrerà in gioco la questione del mestiere

Sono già passati quasi cinque anni dalla partecipazione a X-Factor, forse il tempo giusto per poterti chiedere un commento a freddo, più chiaro e meditato. Come valuti quell’esperienza?

È stata un’esperienza incredibile, stupenda!

È stata utile, per quel che riguarda il ritorno d’immagine, tutti i concerti e le opportunità che ci ha portato subito dopo.

È stata formativa, perché ci ha fatto lavorare con dei professionisti di riferimento. Uno su tutti Fausto Cogliati, una persona che ancora oggi è molto importante per me. Pensa che è stato uno dei primi a venire a sapere del mio nuovo progetto!

E poi lo show che ti mette a disposizione X-Factor! Mi ha insegnato moltissimo tutti gli aspetti della produzione di un concerto: dai vestiti alla coreografia, passando per le messe in scena.

Sono molto felice di aver fatto quell’esperienza, e di averla fatta nella maniera in cui l’ho fatta io: ricordandomi che X-Factor è il mezzo, mai il fine!

Sempre in “Animali” canti una frase bellissima: «Amore, siamo animali in piena libertà a un palmo dalla felicità». Secondo te quel palmo che ci tiene lontani dalla felicità è raggiungibile? O consiste nell’accontentarsi, nel sapere apprezzare quello che si ha?

A volte penso che la felicità sia tutto quello che è prima: la voglia, il desiderio, lo sforzo, la fame!

Altre volte invece penso che la felicità sia raggiungibile e che noi ci poniamo troppo spesso dei limiti. Siamo noi a non darci la possibilità di essere felici: la felicità è una scelta, è a disposizione. Ce l‘abbiamo a un palmo.

Hai delle novità in serbo per noi nelle prossime settimane? Cosa seguirà “Animali”?

Ci sono tante canzoni pronte, per ora solo tra le quattro mura di casa. Ma l’obiettivo è quello di farle uscire tutte. “Animali” è il punto di partenza, l’esordio. Ce lo stiamo godendo, ma io non vedo l’ora di far uscire il secondo!

Desidero anche curare le grafiche del disco. Io ho sempre disegnato, mi piace molto, e ho una serie di disegni che si chiamano “Tette sulle spalle”: sono estemporanei, ma mi hanno fatto notare che sono molto adatti alle canzoni che ho scritto. Così sono diventati le copertine dei singoli di Mille.

Mi hanno detto: «Non andare a cercare fuori quello che hai già dentro.»

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