Il cantautore Marvasi racconta le sue ‘Vite Altrui’

A pochi giorni della nuova traccia, il cantautore Marvasi ci ha raccontato i retroscena del lavoro.

Vite altrui’ è il tuo nuovo singolo. Il tema delle relazioni interpersonali è al centro della tua produzione artistica. Quali sono le altre situazioni che osservi di cui ti piace cantare?

Un altro tema che affronto spesso nelle mie canzoni consiste in riflessioni sul mondo che mi circonda. Più nello specifico, mi riferisco ai comportamenti, alle tendenze, agli elementi che contraddistinguono la mia generazione. Per esempio, in una mia canzone inedita dal titolo “Polvere di gessi”, parlo del fatto che i giovani d’oggi si sentono costantemente in competizione, in gara, giudicati da un opinione pubblica che spesso neanche esiste. Siamo cresciuti con dei miti, dei modelli di riferimento che, se prima erano lontani, quasi irraggiungibili, con l’avvento del web 2.0 e dei social sono sempre più vicini a noi. Da qui nasce un sentimento di inadeguatezza ed invidia che ogni persona gestisce a modo proprio. Io personalmente, sono solito prendere spunto da chi è considerato un mito delle nuove generazioni, poiché creare una comunità di persone pronte ad ascoltare quello che dici, a seguire con interesse quello che fai, è tutt’altro che scontato.

 

Anagraficamente appartieni alla generazione dei ‘millenians’. In che modo ti ha condizionato il panorama artistico a cavallo tra gli anni ed il duemila e cosa ti affascina della contemporaneità?

La mia generazione ha avuto la fortuna di assistere al momento in cui il rap, In Italia, è diventato mainstream. Mi ricordo che da piccolo artisti quali gli Articolo 31 o i Club Dogo, nonostante fossero sul mercato già da diversi anni, rimanevano in una nicchia di ascoltatori del genere. Nel 2006, uscì l’album “Bugiardo” di Fabri Fibra che, a mio avviso, è stato il disco che ha segnato il rap italiano. E pensare che, ad oggi, gli artisti che fanno hip hop sono sempre di meno. Con l’avvento della Trap c’è stato un cambio radicale a livello di tematiche affrontate  all’interno delle canzoni; se Il rap è nato come genere di protesta, di denuncia, la Trap ritengo che sia un’ evoluzione interessante a livello di sound, ma totalmente priva di contenuti e caratterizzata dai classici cliché tipici del genere stesso (soldi, gioielli, droga, prostituzione ecc..). Tuttavia, già da qualche anno, ci sono artisti che stanno diventando pionieri di un genere che potrebbe definirsi “Trap conscious”. Genere che utilizza i suoni e gli elementi di arrangiamento e produzione tipici della Trap, unendoci dei testi intimi e riflessivi e  parlando di argomenti che si distaccano dall’immaginario di riferimento. In Italia, secondo me, il primo fra tutti è stato Izi.

Qual è stata la più importante soddisfazione professionale fino a questo momento della tua carriera?

Negli ultimi anni, ho avuto la possibilità di avere alcuni colloqui informali con professionisti assoluti del panorama musicale italiano. Primo fra tutti il maestro Beppe Vessicchio, il quale mi ha dato la possibilità di lavorare sui miei punti di debolezza, riconoscendo la presenza di punti di forza dai quali partire. Aldilà di come andrà la mia carriera discografica, gli sarò eternamente grato.

E qual è il tuo sogno più grande?

Il mio sogno più grande è anche il mio obiettivo più grande: vivere di musica. Se avessi risposto dicendo che il mio sogno più grande è riempire lo stadio olimpico, piuttosto che fare un tour internazionale, avrei detto qualcosa che attualmente ha un coefficiente di realizzazione piuttosto basso. Mentre invece, pensando i sogni come obiettivi, da una parte bisogna volare più bassi, dall’altra, proprio avendo aspettative più a portata di mano, aumentano le probabilità di realizzazione. In conclusione, il mio sogno è arrivare al cuore delle persone , senza soffermarmi sul numero delle stesse.