Al Teatro Eliseo di Roma dal 13 febbraio al 4 marzo 2018 di scena “Vincent Van Gogh – L’odore assordante del bianco” di Stefano Massini, con Alessandro Preziosi, Francesco Biscione, Massimo Nicolini, Roberto Manzi, Alessio Genchi e Vincenzo Zampa.
Una sorta di thriller psicologico, attraverso l’imprevedibile metafora del temporaneo isolamento di Vincent Van Gogh in manicomio, che lascia lo spettatore con il fiato sospeso dall’inizio alla fine.
È il 1889 e l’unico desiderio del grande pittore è quello di uscire da quell’austera stanza del manicomio di Saint Paul dove non c’è altro colore che il bianco. La sua prima speranza è riposta nell’inaspettata visita del fratello Theo che ha dovuto prendere quattro treni e persino un carretto per andarlo a trovare …
Il testo è vincitore del Premio Tondelli a Riccione Teatro 2005 per la “scrittura limpida, tesa, di rara immediatezza drammatica, capace di restituire il tormento dei personaggi con feroce immediatezza espressiva” (motivazione della giuria). L’autore Stefano Massini, con la sua drammaturgia asciutta ma ricca di spunti poetici, offre considerevoli opportunità di riflessione sul rapporto tra le arti e sul ruolo dell’artista nella società contemporanea.
NOTE DI REGIA
Sospensione, labilità, confine. Sono questi i luoghi, accidentati e mobili, suggeriti dalla traiettoria, indotti dallo scavo. Soggetti interni di difficile identificazione, collocati nel complesso meccanismo dell’organicità della mente umana. Offerti e denudati dalla puntuale dinamicità e dalla concretezza del testo, aprono strade a potenziali orizzonti di ricerca.
La scrittura di Massini, limpida, squisitamente intrinseca e tagliente, nella sua galoppante tensione narrativa, offre evidentemente la possibilità di questa indagine. Il serrato e tuttavia andante dialogo tra Van Gogh – internato nel manicomio di Saint Paul de Manson – e suo fratello Theo, propone non soltanto un oggettivo grandangolo sulla vicenda umana dell’artista, ma piuttosto ne rivela uno stadio sommerso.
Lo spettacolo è aperto contrappunto all’incalzante partita dialogica. Sottinteso. Latente. Van Gogh, assoggettato e fortuitamente piegato dalla sua stessa dinamica cerebrale incarnata da Alessandro Preziosi, si lascia vivere già presente al suo disturbo.
È nella stanza di un manicomio che ci appare. Nella devastante neutralità di un vuoto. E dunque, è nel dato di fatto che si rivela e si indaga la sua disperazione. Il suo ragionato tentativo di sfuggire all’immutabilità del tempo, all’assenza di colore alla quale è costretto, a quell’irrimediabile strepito perenne di cui è vittima cosciente, all’interno come all’esterno del granitico “castello bianco” e soprattutto al costante dubbio sull’esatta collocazione e consistenza della realtà.
La tangente che segue la messinscena resta dunque sospesa tra il senso del reale e il suo esatto opposto.
In una spaccatura in cui domina la sola logica della sinestesia, nella quale ogni senso è plausibilmente contenitore di sensi altri, modulandone infinite variabili, Van Gogh è significante e significato di sé stesso.
Lo scarto emotivo che subisce e da cui è irrimediabilmente dipendente, rappresenta causa ed effetto della sua stessa creazione artistica, non più dissociata dalla singolarità della sua esistenza e lo obbliga a percorrere un sentiero isolato in cui il solo punto fermo resta la plausibilità di una infinita serie di universi possibili nei quali ogni tangibilità può rappresentare il contrario di ciò che è.
La riflessione percorre questa suggestione; non il racconto quindi, ma il divenire e la resa delle infinite varianti conduttrici di un processo creativo filtrate da un’induzione sensoriale il cui respiro, non ultimo, diviene tela su cui restano impresse assenze, mancanze e sorde cecità.
Un’evoluzione lucida, condotta nello straziante sforzo di liberarsi e rendersi tangibile, nel volume e nella densità immanente del colore, che smette la sua primaria connotazione e assume i termini di sensi altri e potenzialmente distanti, ponendo in essere una deriva che trova nel suo rovescio la realtà di opera d’arte.
Lo spettacolo accompagna questa non-logica dei sensi, attraverso uno sfiorarsi dei personaggi che fonde il desiderio alla necessità, sviluppando un alternarsi di simmetrie semantiche a dissonanze di cognizione, un conflitto mutabile, ma mai assente.
È in questo campo, su cui si allineano piani paralleli, pur non senza sovrapporsi, che la potenziale oggettività diviene odorare un suono, ascoltare un colore, toccare un sapore, assaggiare un tessuto, vedere un profumo. Un complesso disegno, tuttavia ferocemente semplice, la cui connotazione intrinseca cambia in funzione della distanza da cui lo si guarda o si sceglie di percepirlo.
E’ un passaggio aperto alla volta della stretta fessura che permette la visione di un assurdo reso accettabile dalla semplicità espressiva dei sensi che restano qui, nudi e spasmodicamente attivi, esattamente in quel punto della coscienza, attraversato da nient’altro che miliardi e miliardi di neuroni carichi di un unico e solo senso: la vita. Non più “come siamo fatti”. Ma “di che cosa”.
PERSONAGGI E INTERPRETI
Alessandro Preziosi |Vincent Van Gogh
Francesco Biscione | Dottor Peyron
Massimo Nicolini | Theo Van Gogh
Roberto Manzi | Dottor Vernon-Lazàre
Alessio Genchi | Gustave, infermiere
Vincenzo Zampa | Roland, infermiere
PRIMA NAZIONALE
Napoli Teatro Festival, Cortile d’onore del Palazzo Reale 27 giugno 2017
Durata: 1 ora e 25 minuti – Atto unico
Orario spettacoli:
martedì, giovedì, venerdì e sabato ore 20.00
primo sabato di programmazione doppio spettacolo ore 16.00 e ore 20.00
mercoledì e domenica ore 17.00
Biglietteria: tel. 06.83510216
Giorni e orari: lun. 13 – 19, da martedì a sab 10.00 – 19.00, dom 10 – 16
Via Nazionale 183 – 00184 Roma
Biglietteria on-line www.teatroeliseo.com e www.vivaticket.it
Call center Vivaticket: 892234
Prezzi da 20 € a 40 €