Lo vedi arriva un’altra estate, lo so non ci credevi più…ché è stato buio l’inverno, troppo duro, un inferno…e così immobile la primavera…
La vita sospesa e la quotidianità interrotta: la voce di Diodato, raffinata ed elegante, canta, per la terza sera consecutiva alla Cavea dell’Auditorium Parco della Musica, “un’altra estate”, quella del distanziamento e delle norme anti Covid, quella della ripresa e del coraggio.
Reduce dalla vittoria dell’ultima edizione del Festival di Sanremo, il cantautore di origini pugliesi arriva sul palco e incanta: la sua musica si trasforma in un immenso abbraccio, dal parterre alla tribuna.
Avvolge e unisce, avvicina e congiunge, nonostante tutto. Con intimità e disincanto, parla di amore, di solitudine, di passioni vissute e di altre
finite. Pensato ad hoc per raccontare in note questo particolare momento storico, il tour “Concerti di un’altra Estate” è partito dalla Valle d’Aosta all’inizio del mese, è approdato all’Auditorium di Roma e andrà avanti fino alla metà di agosto.
Dai pezzi del passato come Amore che viene amore che vai, cover di De Andrè, e Ubriaco e Babilonia ai brani dell’ultimo album come “Non Ti Amo Più” e “Che Vita Meravigliosa”, è un crescendo di emozioni.
Ma è con “Fai Rumore, la canzone che ha trionfato sul palco dell’Ariston, che il pubblico della Cavea, all’unisono, fa sentire la sua voce.
“Ma fai rumore, sì..ché non lo posso sopportar questo silenzio innaturale…” Diodato allontana il microfono e lascia che sia il pubblico a cantare. Non è un semplice ritornello, nè una semplice strofa. E’ la risposta, catartica, all’isolamento del lockdown. E’ la voglia di cantare, e di sentirsi, anche se non vicini, accanto.
Per pensare al futuro e a guardare avanti. Come direbbe Diodato, “a non aver paura di questa felicità”. Insieme a lui sul palco: Rodrigo D’Erasmo al violino, Roberto Dragonetti al basso, Alessandro Commisso alla batteria, Andrea Bianchi alla chitarra, Lorenzo Di Biasi alle tastiere, Beppe Scardino al sax tenore e ai fiati e la giovanissima corista Greta Zuccoli.
Recensione e photogallery di Doralisa D’Urso