“Da bambino volevo fare l’attore. Volevo essere come Giuliano Gemma, perché nei film western era sempre quello buono. Dopodichè nella vita ho capito che è una cosa per la quale non sono proprio portato, non so recitare. Eventualmente sto meglio dietro la macchina da presa a dirigere gli altri”.
Così si racconta a Verissimo Luciano Ligabue, al cinema dal 25 gennaio con il suo terzo film da regista dal titolo “Made in Italy”. Speaker radiofonico, metalmeccanico, consigliere comunale, ragioniere. Luciano ha conosciuto il successo come cantautore a 30 anni, dopo aver condotto fino a quel momento una vita assolutamente normale. A tal proposito racconta: “Penso che mi abbia fatto bene portare per un po’ di anni a casa uno stipendio una volta al mese. Cominciare a 30 anni – prosegue – ha voluto dire partire con un po’ di prudenza. A 20 anni credo che avrei perso facilmente la testa, avrei fatto più stupidaggini di quelle che ho fatto comunque”.
Aver conosciuto tanta notorietà in età matura non ha evitato a Luciano di sentirsi ad un certo punto a disagio. A Silvia Toffanin confida: “Mi sentivo in colpa per il successo che avevo raggiunto, sono andato un po’ in crisi, perché ero abituato a portare a casa 1 milione di vecchie lire al mese, a fare i conti con quelli. Adesso dico: ho successo ma lavoro tanto”.
Molto legato alla sua terra e alle sue radici, il cantante e regista di Correggio si sente molto lontano da una certa idea di rocker maledetto. Ai microfoni del talk show afferma: “Tante volte il rock viene visto come un genere per cui uno deve avere un certo tipo di atteggiamento, avere un certo tipo di ‘maledettismo’. Io non mi sono mai riconosciuto in questo, l’ho sempre visto come un cliché”.
Infine, tornando a parlare del film “Made in Italy”, interpretato da Stefano Accorsi e Kasia Smutniak, il regista dice: “Mi sento profondamente italiano, amo tantissimo questo paese e non sopporto più tutti i difetti che questo paese non riesce a risolvere. Questo film racconta, tra le altre cose, il sentimento d’amore, ma anche di frustrazione, verso il nostro paese”.