Un enorme orologio da stazione sullo sfondo e una voce fuori campo. Pochi secondi, si apre il sipario ed esce lui, Roberto Vecchioni, in giacca nera e camicia grigia, con le braccia spalancate, pronte per abbracciare la sala gremita.
“Questo non è un concerto, ma una valanga di emozioni”: così il prof introduce “L’Infinito”, il tour che prende il nome dal suo ultimo
album. Dopo il sold out all’Auditorium Parco della Musica lo scorso maggio, Roberto Vecchioni è di nuovo nella capitale, questa volta sul palco
dello storico Teatro Brancaccio.
Canzone dopo canzone, prende per mano il suo pubblico e lo accompagna, con grazia e delicatezza, in un cammino, intenso e
profondo, tra le molteplici sfaccettature dell’esistenza. Dai nuovi brani ai grandi classici, il prof. Vecchioni è tornato in cattedra per lasciare spazio alle idee, all’immaginazione, alla fantasia.
Musica, immagini e monologhi: l’autore di Samarcanda porta in scena uno spettacolo intimo e introspettivo, un vero e proprio viaggio di scoperta tra i pensieri, i desideri e i tormenti dell’animo umano. Accompagnato dalla sua band (Lucio Fabbri al pianoforte e violino, Massimo Germini alla chitarra acustica , Antonio Petruzzelli al basso e Roberto Gualdi alla batteria), Roberto Vecchioni parla prima al cuore e poi alla testa.
E fa centro. La vita va vissuta, in tutte le sue contraddizioni. E lancia una sfida al destino. Noi, esseri umani, non possiamo arrenderci. Sogna ragazzo sogna. Non lasciarlo andare, sogna fino in fondo. Il pubblico si lascia andare e la intona. Tanti gli occhi lucidi. E le voci commosse.
Grazie Prof, per queste ore d’amore Infinito.
Recensione e Photogallery di Doralisa D’Urso