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L’intervista a Galeffi: “Settebello è un disco raro, da ascoltare nella sua interezza”

Venerdì 20 marzo è uscito il secondo album del cantautore romano: un album maturo, eclettico e coraggioso, per confermarsi ed esprimere il suo valore, oltre le facili etichette.

Per gli appassionati dell’indie italiano Galeffi è una certezza: i suoi brani sono stabili nell’iconica playlist di Spotify Indie Italia ormai da anni e il suo primo album, Scudetto, con i suoi 25 milioni abbondanti di streams può essere annoverato tra i successi del genere.

Marco Cantagalli – questo il suo vero nome – è emerso velocemente, e il suo successo è stato sorprendente.

Non deve essere stato facile per lui fermarsi e scrivere il seguito di Scudetto.

“Il secondo album è sempre il più difficile nella carriera di un’artista…” cantava Caparezza. Per il primo si ha tanto tempo e poca pressione, per il secondo è l’opposto. Devi confermarti, e possibilmente dimostrare ancora di più.

Inoltre Galeffi aveva addosso l’etichetta di “fenomeno indie”, una di quelle targhette che possono esserti favorevoli per emergere, che poi però devi essere in grado di toglierti, perché strette, limitanti: sono le canzoni a dover parlare.

Dopo un po’ di comprensibile smarrimento, Marco deve aver capito quale fosse la strada giusta, quale fosse l’evoluzione necessaria alla sua musica per provare a diventare una realtà stabile e unica nel panorama italiano.

Serviva coraggio, maturità e carattere. Servivano sfumature e sperimentazioni. Serviva un disco da ascoltare nella sua interezza. Serviva più del solito disco indie.

Settebello – uscito venerdì 20 marzo – conferma i buoni propositi e lo fa mettendo in primo piano la qualità, permette a Galeffi di scollarsi di dosso un’etichetta ingombrante e fa intravedere un percorso artistico di ampio respiro.

Qualche giorno fa siamo riusciti a sentirci per parlare un po’ di questo album promettente.

 

Ciao Marco, come stai? Essere un artista con un disco in uscita in un periodo come questo non è sicuramente una posizione invidiabile. L’hai rimandato di una settimana – dal 13 al 20 marzo – ma immagino che portare la release ancora oltre sarebbe stato impossibile. Come la stai vivendo?

Per forza di cose la sto prendendo con filosofia. Era possibile rinviare ulteriormente la release, però abbiamo scelto di non farlo. Si vede che doveva andare così! E poi volevo vederla in maniera romantica: magari questo periodo aiuterà le persone ad affezionarsi di più al disco e quello che poteva essere un rischio si rivelerà una scelta vincente.

In una diretta Instagram di qualche giorno fa accennavi anche alla volontà di provare a recuperare dei firmacopie quando l’emergenza sarà finita.

Recuperare tutto sarà impossibile, ma la cosa più importante rimane il rapporto coi fans e perciò la mia volontà è quella. Vedremo cosa si potrà fare!

Come ti sei trovato alla fine del grande viaggio di Scudetto, quando, terminato un tour lunghissimo e di successo, ti sei dovuto fermare per scrivere il secondo album?

I primi due mesi li ho vissuti male. Venivo da un anno di tour, in cui ogni weekend avevo concerti e incontri con il pubblico. Questa cosa ti dà tanto, ma devi anche dare tanto. Ti sposta le coordinate.

Quindi tornare a casa, sapere di dover fare il disco nuovo, con più attese e aspettative… All’inizio mi ha un po’ fatto perdere la testa, è stato complicato. Ma poi, una volta scritti i primi due o tre brani che mi piacevano, sono partito e sono andato anche abbastanza velocemente.

Ascoltando Settebello si può sentire quello che hai vissuto per arrivarci, la crescita personale, il mai facile passaggio all’età adulta: in Gas appunto dici “pensa che noia se la vita fosse una carezza, ma è tutto tranne una carezza”.

Hai ragione. Dopotutto Scudetto è un album scritto da un 24enne, mentre Settebello è un album scritto da un 27enne. Sono passati tre anni, tre anni intensi che fanno la differenza e insegnano tante cose, soprattutto a quest’età.

E quanto sono stati importanti i Mamakass – i produttori del disco – per permetterti di far sentire questo percorso di crescita nella tua musica?

Loro sono dei pazzi come me, e tra pazzi in qualche modo ci si capisce! Sono due persone a cui piace mettersi ogni giorno in discussione, sperimentare… Ci siamo trovati molto bene in studio, abbiamo fatto un bel percorso e sono sicuramente stati molto importanti.

Hai più volte sottolineato che Settebello è un album coraggioso. È coerente, è attraversato da un fil rouge che lega tutti i brani, che però tra loro sono molto variegati. Riesci ad arricchire il tuo immaginario pop con altri generi: ci sono il rock, il jazz, il soul… Quale pensi che possa essere il futuro di Galeffi?

Questo non lo so ancora, è difficile risponderti in questo momento. Quando mi metterò a scrivere le cose nuove probabilmente lo capirò.

Può essere pure che il Galeffi del futuro sarà quello di Settebello: magari avrà come matrice il fatto di essere un artista eclettico. Probabilmente la mia identità è nel non averla! Non lo so in realtà, ci sto pensando insieme a te, mentre ti rispondo, ma non l’ho ancora capito.

Hai già rilasciato quattro videoclip dei nuovi brani. Quanto sono importanti per il tuo immaginario artistico?

Io non sono un appassionato di videoclip, di solito non li guardo. Dal mio punto di vista distolgono l’attenzione, quindi preferisco ascoltare e concentrarmi sulla musica.

Però è giusto che vengano fatti ed è normale che ci siano persone che si appassionino ai video. Penso che possano essere importanti più che altro per aiutare a far capire l’immaginario di un artista, e facendo questo lavoro sono riuscito anche io a dare spunti e idee ai registi per riuscire a trasmettere la mia visione.

Da cosa trai ispirazione per scrivere?

Io di solito faccio un misto, ogni cosa che mi fa pensare può essere utile: ciò che vivo io, ciò che vive un mio amico, ciò che vedo in televisione… lo cerco di prendere e poi sintetizzare a modo mio. Tutto ciò che mi circonda è interessante.

Nelle tue canzoni parli di amore, e lo fai trattandolo nelle sue diverse sfaccettature. In Monolocale parli del suo lato erotico, in Cercasi amore di quello rabbioso, in Bacio Illimitato forse di quello più delicato.

Di quale riesci a scrivere con più facilità?

Bella domanda… Non so bene di quale lato dell’amore parlo meglio. Secondo te?

A me piace molto come lo affronti in Bacio Illimitato, che probabilmente in questo momento è la mia canzone preferita dell’album. Quel romanticismo è speciale. Però secondo me il disco è bello perché è bello tutto, nella sua coerenza.

Sono contento che tu me lo dica. Questo è anche il motivo per cui è stato complicato scegliere i singoli. È un disco che ha valore, che arriva nella sua totalità. È un po’ un progetto vecchio stampo, quasi Anni 60 nei suoni, nella ricerca, nella sperimentazione, nelle armonie… e per questo penso che sia un disco raro. Mi auguro che arrivi e che riesca a emergere bene. Non è un disco regalato, ha un bel lavoro dietro!

C’è un brano che credevi di non essere in grado di fare e che ti rende fiero?

Tutti i brani mi rendono molto fiero. In questo momento anche per me Bacio Illimitato è la più bella del disco, ma cambio idea praticamente ogni giorno! Detto questo, c’è stato un lavoro certosino su tutte le canzoni, basti pensare che la versione definitiva di Cercasi Amore è arrivata al quarto o quinto tentativo: all’inizio era molto più elettronica, poi è diventata chitarra e voce, poi è diventata metal, poi abbiamo fatto un passo indietro ed è diventata quella che tutti stanno ascoltando.

Nella realizzazione del disco ho pensato molto anche ai concerti. Quando abbiamo fatto Cercasi Amore mi serviva un pezzo rock che staccasse dagli altri, che sono più delle ballate. Mi serviva un pezzo che sarebbe piaciuto dal vivo, che avrebbe divertito, che avrebbe fatto saltare.

Quando l’emergenza sanitaria sarà finita e torneranno i concerti, che tipo di tour dobbiamo aspettarci? Meno tappe ma in luoghi più grandi oppure seguirai la strada intrapresa per il tour precedente?

Guarda, proprio nel momento in cui ci stavamo mettendo a parlare del tour con l’agenzia di booking (Magellano, ndr) è successo il casino e quindi non abbiamo avuto modo di affrontare il discorso. Purtroppo non so ancora nulla, ma di sicuro appena si potrà ci muoveremo, io non vedo l’ora.

Ottimo! Grazie Marco, per la chiacchierata e anche per aver pubblicato l’album. Credo sia importante che la musica non si fermi, nonostante la situazione difficile, per il bene di tutti.

Mi fa piacere che tu me lo dica, io pure sono della tua stessa idea. Era importante dare anche un segnale in qualche modo, fare capire che le cose vanno avanti. Speriamo bene amico mio! Che dio ce la mandi buona.

Intervista di Marco Paltrinieri

Ivano Moriello: Giornalista da circa 15 anni, amo la musica e i viaggi. I concerti live sono il mio pane quotidiano e seguo con grande passione il calcio, tifando per il Napoli.